OPINIONE. Distruzioni di statue e di cimiteri: luoghi diversi, esiti simili

di Maria Rosaria Greco

In questi mesi abbiamo assistito inermi alla distruzione di Mosul, in Iraq, e di Hatra e di Nimrud da parte delle milizie dello Stato Islamico. Tutto il mondo si è indignato di fronte alla devastazione di un patrimonio culturale appartenente all’intera umanità. Sappiamo tutti purtroppo che l’Isis è uno stato terrorista. Di poche ore fa è la notizia dell’uccisione assurda dell’archeologo Khaled Asaad , ex direttore delle antichità e dei musei del sito archeologico di Palmira, in Siria, decapitato dagli uomini del Califfato perché colpevole di aver messo in salvo centinaia di statue romane.

In questi giorni invece abbiamo visto i bulldozer di Israele a Beit Jala, a 5 km da Betlemme, nella valle di Cremisan, che hanno sradicato circa un centinaio di ulivi, tra cui molti secolari, per preparare il tracciato su cui costruire il vergognoso “Muro di separazione”, che isolerà Cremisan da Beit Jala e quindi dalla Palestina. Tutta l’area di fatto viene inglobata in territorio israeliano, confiscandola alle 58 famiglie palestinesi proprietarie, per unire le due colonie di Gilo (residenza di Fiamma Nirenstein, prossima ambasciatrice di Israele in Italia) e Har Gilo. A nulla sono valse le azioni legali e le proteste durate nove anni, da parte sia della comunità palestinese. Insieme alle famiglie palestinesi e al Comune si sono costituiti il Monastero salesiano, che produce il noto vino Cremisan, e la Scuola materna, gestita dalle suore, che ospita più di 400 bambini di varie religioni. Vogliamo solo ricordare che i vitigni autoctoni di Cremisan producono vino dalla fine dell’Ottocento, secondo gli archeologi qui si trova uno tra i più antichi insediamenti agricoli e artigiani della Palestina. E sempre in questa zona si trova Battir, un villaggio proclamato dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

La Corte Suprema d’Israele, dopo un apparente accoglimento delle richieste della popolazione locale nell’aprile scorso, con una nuova disposizione del 7 luglio us (casualmente subito dopo che la Santa Sede aveva riconosciuto ufficialmente lo stato di Palestina) si è rimangiata tutto, autorizzando la costruzione del “Muro di separazione”, ma con un percorso lievemente alternativo. Il Ministero della Difesa dunque ha ottenuto quanto voleva, dovendo rinunciare soltanto alla scuola e ai due conventi salesiani, che, per ora, rimangono in territorio palestinese. La politica dei fatti continua, già le colonie di Gilo e Har Gilo erano state costruite su terra sottratta ai palestinesi, già Betlemme era stata tagliata dal muro di separazione e ora tutta la bellissima vallata di Cremisan verrà devastata, annientandone l’economia locale come già successo ovunque venga innalzato il muro.

Ma oltre al patrimonio paesaggistico e culturale di Cremisan, altri patrimoni vengono minacciati da Israele, in alcuni casi è già iniziata la distruzione. Il cimitero di Mamilla per esempio. Dall`arabo ma`man Allah, “santuario di Allah”, è il più grande e antico cimitero musulmano di Gerusalemme, risale al 7° secolo e contiene le tombe di compagni di Maometto, di santi di fede Sufi e di importanti famiglie di intellettuali e personalità di spicco gerosolomitane. Oltre a essere un luogo di fede, Il Consiglio Superiore Musulmano, nel 1927, lo definì luogo storico e le autorità del Mandato Britannico, nel 1944, lo dichiararono area archeologica. Il cimitero si trova nella parte ovest della città ed è rimasto attivo fino al 1948, quando Israele conquistò questa parte di Gerusalemme. Tel Aviv ne ha iniziato lo smantellamento per costruirvi sopra il “Museo della tolleranza”, che sarà composto da 192 unità abitative, un centro commerciale, un hotel da 480 camere e parcheggi per auto. Il tema del futuro Museo naturalmente è “il rispetto reciproco e la responsabilità sociale”. Ci piace pensare che una civiltà si misuri in base al rispetto che ha per i morti. Su questo poi si dovrebbe fondare l’eventuale rispetto per i vivi.

E rimanendo a Gerusalemme, molto preoccupante è la sorte di un altro luogo stupendo, sicuramente patrimonio culturale di grande rilievo, particolarmente caro ai fedeli delle tre religioni monoteiste, ma soprattutto ai musulmani: la spianata delle Moschee, considerata dall’Unesco e patrimonio dell’umanità come pure tutta la città vecchia di Gerusalemme. Tutta quest’area fu occupata da Israele nel 1967, e nel 1980 il parlamento israeliano approvò la cosiddetta “legge fondamentale” che proclamava unilateralmente “Gerusalemme, unita e indivisa […] capitale di Israele”. Ma il Consiglio di Sicurezza dell’ONU nella risoluzione 478 annullò la “legge fondamentale” definendola “nulla e priva di validità, oltre che una violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo al raggiungimento della pace in Medio Oriente”

Eppure si fanno sempre più insistenti le voci, le provocazioni, le aspettative, gli scontri relativi proprio alla Spianata delle Moschee, che, per inciso, non esiste su Wikipedia: se si digita infatti “spianata delle moschee” appare la pagina “Monte del Tempio” come la chiamano gli Ebrei, che strane queste dinamiche di ricerca, vero? Ora, non esistendo in effetti come prima voce, (nella pagina “Monte del Tempio” poi se ne parla ovviamente, come secondo passaggio però) l’Istituto per il Tempio legittimamente progetta, in maniera sempre più concreta, la ricostruzione del terzo Tempio ebraico, esattamente dove da 1300 anni è situata la Cupola della Roccia islamica. Qualche anno fa sembravano bizzarre le pretese di pochi fanatici che ora, invece, sono sostenute da ministri e deputati. I primi a parlare di ricostruire il Tempio sono stati “I Fedeli del Monte del Tempio”, un gruppo guidato dal rabbino Yehuda Glick, attivista dell’ultra-destra, che nello scorso novembre rimase ferito in un attentato (il presunto attentatore di 32 anni fu subito ucciso dall’esercito israeliano in una esecuzione sommaria sulla terrazza di casa sua, casa che venne naturalmente demolita). Glick è stato protagonista di molte incursioni sulla spianata, con lo scopo di estendere la sovranità israeliana sulla Spianata delle moschee, contro le leggi stesse di Israele che vi vietano l’ingresso ai fedeli ebrei, i quali, dal 1967, hanno come luogo per il culto il Muro Occidentale detto Muro del pianto. Queste incursioni sono aumentate sempre più, gestite dai giovani di Casa Ebraica, e sempre più in maniera ufficiale si parla di costruire il tempio ebraico che ovviamente significherebbe smantellare la spianata delle Moschee, terzo luogo santo dell’Islam. Proviamo per un attimo a pensare se un musulmano provasse a presentarsi al Muro del pianto per pregare, quale sarebbe la reazione e lo sdegno di tutta la comunità internazionale? E Israele tutta sarebbe scossa da un terremoto. Eppure l’Istituto del Tempio a Gerusalemme, con assoluta naturalezza, da quasi trent’anni progetta la ricostruzione del Tempio ebraico. Oggi nella Knesset, il Parlamento israeliano, ci sono ben 12 deputati che sostengono questo progetto, in tutti i modi. Quando assisteremo quindi alla demolizione della Cupola della Roccia?

Israele sta sistematicamente cancellando il passato dei palestinesi, distruggendone il patrimonio culturale e paesaggistico, esattamente come fa l’Isis. Solo che il Califfato viene definito da tutti uno stato terrorista, colpevole tra l’altro di assurde esecuzioni. Eppure l’esercito israeliano dall’inizio dell’anno a oggi ha ucciso 25 giovani in Cisgiordania, senza parlare delle violenze di queste ore contro chi manifesta legittimamente nella valle di Cremisan per difendere la propria terra, i propri alberi, i propri diritti. Ma allora perché Israele viene definita l’unica democrazia nel Medio Oriente?

pubblicato su NenaNews.it